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FOTO GIORNALE DI ERBA

INSULTI RAZZISTI IN CAMPO: ERBA LEZIONE DI CIVILTÀ DEI RAGAZZI, SANZIONE CHE FA MALE AL CUORE

Insulti razzisti in campo a un giocatore di colore dell’Arcellasco, partita persa a tavolino 3 a 0, un punto di penalizzazione in classifica e una sanzione per la società. È il bilancio, tutto a sfavore del Gs Arcellasco calcio, di una partita che si è svolta tra la squadra degli Under 18 erbesi e il Bresso Calcio una settimana fa e che si era conclusa con la decisione dei calciatori erbesi di non rientrare in campo. Nel fine settimana è arrivato il comunicato ufficiale del Comitato regionale della Lombardia con la decisione del giudice sportivo. «E’ la regola, siamo tutti d’accordo - sbotta Andrea Colombo vicepresidente dell’Arcellasco - Ma questa cosa ci ha fatto arrabbiare, perché quello che pensavamo è che dopo gli insulti questa fosse l’occasione per dare un segnale. E invece così non è stato». Cosa è successo? Lo si legge nel comunicato: «Poco prima della mezz’ora della ripresa un giocatore ospite ha pro[1]ferito un epiteto discriminatorio nei confronti di un avversario, il direttore di gara ascoltato il grave insulto, ha optato per espellere l'elemento, che ha reagito spaccando con un calcio la bandierina del corner. Dopo quanto accaduto lo stesso arbitro, contestata la tensione tra i giocatori, ha optato per la sospensione momentanea del match, ricevendo però, poco dopo, una comunicazione del club ospitante firmata dal vicepresidente in cui dichiarava la volontà di non procedere alla ripresa della disputa». «Ero a casa in quel momento, quando mi ha chiamato il dirigente - spiega Colombo - Ho capito che era successo qualcosa. Subito sono corso al Lambrone. Il giocatore insultato era in lacrime. Gli altri erano tesi. Teniamo conto che si tratta di una squadra dove giovano sei ragazzi di colore... La squadra ha deciso così di non rientrare in campo. Stavamo perdendo 2-1. Una scelta di cui si conoscevano le conseguenze. Ma il clima era troppo teso. I ragazzi sapevano che potevano andare in[1]contro a un punto di penalizzazione, ma hanno deciso così. Non c’erano più le condizioni per giocare». Colombo e la società erbese non vogliono demonizzare il ragazzo del Bresso, che in ogni caso ha ottenuto 11 giornate di squalifica. «Quello che ci aspettavamo era che l’arbitro potesse sospendere le regole in questa occasione. Invece è stata applicata la norma alla lettera». Giusto? Sbagliato? «Pur ritenendo la scelta della società Arcellasco di non continuare la gara frutto di un episodio deprecabile non si può prescindere dalla disposizione», scrive il giudice di gara. «Quello che avremmo voluto è che si potesse mettere mano al regolamento. Era l’occasione giusta per dare un segnale al mondo intero. I ragazzi hanno fatto una scelta coraggiosa decidendo di non giocare. Poteva essere coraggiosa anche la decisione di rivedere le norme nel caso specifico. Invece, come si dice, siamo cornuti e mazziati.

Sul caso interviene il presidente di Corecom Lombardia (Comitato regionale per le comunicazioni), l’erbese Marianna Sala. «I ragazzi dell’Arcellasco hanno dato una grande lezione di civiltà, pur consapevoli dei rischi a cui andavano incontro in base alle Norme Organizzative Interne della Federazione giuoco calcio». E così è stato: interrompendo la gara già iniziata, la squadra è stata sanzionata con la sconfitta a tavolino 0-3 e un punto di penalizzazione nella classifica di campionato. «Sanzione che ferisce più il cuore, che il punteggio - continua Sala - Perché segue a un comportamento lodevole che avrebbe dovuto essere premiato, e niente affatto punito». E invece, se da un lato lo stesso giudice sportivo, che si è occupato della vicenda, ha accertato che il comportamento della società Arcellasco di non continuare la partita è stato “frutto di un episodio deprecabile ed estremamente negativo”, tuttavia la decisione non può prescindere dall’art. 53 Noif, che impone l'obbligo di proseguire la partita. «Di fronte a dei ragazzi che hanno dimostrato il coraggio di dire no al razzismo e alla discriminazione, la risposta data ora in prima istanza dalla giustizia sportiva è deludente sia sotto il profilo etico che sotto il profilo giuridico - spiega Sala - Sotto il profilo etico, le ragioni della delusione sono evidenti: a prima vista, l’insegnamento che si potrebbe trarre da questa vicenda sarebbe davvero sconsolante. Verrebbe infatti da concludere che era meglio fingere di non sentire gli insulti razzisti, era meglio non prendere posizione, era meglio non difendere il compagno di squadra. Quanto al profilo giuridico, la decisione non è condivisibile, per[1]ché rappresenta una mera "applicazione meccanicistica" del regolamento di calcio, che non tiene conto dei principi fondamentali che regolano l'ordinamento giuridico, compreso quello sportivo. È doveroso ricordare che, ai sensi dell’art. 3 della Costituzione “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Nel caso di specie, il giudice sportivo ha applicato le norme sportive, come se esse prescindessero dal sistema giuridico in cui sono inserite. Evidentemente, l’osservazione è meno banale di quel può sembrare: il diritto sportivo deve applicarsi in conformità a quanto disposto dall’ordina - mento statale, e in particolare dai suoi principi fondanti che impongono un generale divieto di discriminazione». Leggere in una decisione sportiva che da un lato si riconosce il disvalore degli insulti razzisti, ma dall’altro lato si sanziona chi vi si è opposto è un vero e proprio non senso giuridico. Che cosa ci insegna questa vicenda? «A noi adulti ad apprezzare ancora di più il coraggio e la sensibilità dei più giovani, che non si fermano di fronte a logiche di opportunismo, ma incarnano i valori dello sport e dei principi che dovrebbero governarlo. Il gioco è bello, se ci si diverte tutti insieme». (Fonte Giornale di Erba)

ARTICOLO GIORNALE DI ERBA

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